L’influenza quattro ceppi di virus e non finisce più, durerà altre settimane

Il 66% delle infezioni risulta sostenuto proprio dal ceppo virale aggiuntivo B/Yamagata" Un discorso a parte merita la vaccinazione anti-influenzale. È stato polemizzato sul fatto che l'elevata diffusione in questa stagione invernale dell’epidemia influenzale fosse dovuta al fallimento della formulazione vaccinale proposta.

 
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L'influenza quattro ceppi di virus e non finisce più, durerà altre settimaneL’influenza quattro ceppi di virus e non finisce più, durerà altre settimane

di Marcello Migliosi
“L’attività influenzale continuerà probabilmente ancora per alcune settimane. I motivi dell’elevato impatto clinico (e anche mediatico) di questa stagione sono molteplici, ma l’elemento più significativo è la circolazione imprevista di un ceppo addizionale di influenza B rispetto alle precedenti stagioni. Infatti, nella stagione in corso hanno circolato 4 distinti ceppi di virus dell’influenza (AH1N1, AH3N2, B/Victoria e B/Yamagata), mentre normalmente co-circolano 3 ceppi influenzali.

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Il 66% delle infezioni risulta sostenuto proprio dal ceppo virale aggiuntivo B/Yamagata“. Lo ricorda Pierangelo Clerici, presidente dell’Associazione microbiologi clinici italiani (Amcli) e direttore dell’Unità Operativa di Microbiologia dell’Azienda socio sanitaria territoriale Ovest milanese.

 “La stagione influenzale 2017-18 che stiamo affrontando – ricorda – è stata caratterizzata dall’alto numero di casi. Infatti, secondo le stime dell’Istituto superiore di sanità, più di 6 milioni italiani sono stati colpiti dal virus dall’inizio della sorveglianza. Nella prima settimana di febbraio continua la discesa della curva epidemica dopo aver raggiunto il picco nei primi 10 giorni del 2018 con un livello d’incidenza ‘molto alto’. In questi giorni, tutte le Regioni segnalano una riduzione dell’attività influenzale. Nel complesso, sono dominanti i ceppi influenzali di tipo B, mentre nell’ambito dei virus A prevalgono i ceppi A/H1N1″.

Un possibile ulteriore elemento in favore della diffusione dei ceppi virali – aggiunge Clerici – è relativo alle temperature più rigide nel periodo dicembre 2017-gennaio 2018 rispetto ai precedenti periodi invernali, evento questo che ha sicuramente favorito il radunarsi dei soggetti in locali chiusi. “A tal proposito – spiega Fausto Baldanti, virologo dell’Università di Pavia e membro del direttivo Amcli – la comparsa del virus dell’influenza nelle stagioni fredde non elimina la circolazione dei numerosissimi virus respiratori (virus respiratorio sinciziale, rinovirus, coronavirus, virus parainfluenzale, etc.) in grado di provocare quadri clinici sovrapponibili a quelli da infezione influenzale e che vengono trasmessi con le stesse modalità.

I casi di infezione da virus respiratori non-influenzali si sono, quindi, assommati a quelli dovuti in senso stretto ai diversi ceppi influenzali, sovraccaricando le capacità recettive dei reparti di Pronto soccorso, allettando un’ulteriore quota di individui (inclusi operatori sanitari e personale addetto ai servizi essenziali) e contribuendo alla sensazione di assistere a un evento di particolare gravità”.

Per quanto riguarda i casi gravi di infezione da virus dell’influenza, è stato riportato che fosse in circolazione un ceppo virale particolarmente aggressivo di origine suina (influenza AH1N1) che sarebbe stato responsabile di alcuni decessi in Sardegna, ricorda l’Amcli. “Per chiarezza – evidenzia Baldanti – dichiamo che tutti i virus dell’influenza A presenti nell’uomo derivano geneticamente da scambi tra ceppi umani, aviari e suini e questi eventi sono alla base delle pandemie influenzali come quella osservata nel 2009 che ha introdotto il ceppo AH1N1 che circola ancora oggi. I virus pandemici, nelle stagioni successive, sono trasformati in ceppi umani dalla selezione naturale operata dal passaggio uomo-uomo. Pertanto il ceppo di influenza A in circolazione in questa stagione non è un ceppo suino, ma umano. Pertanto l’informazione allarmistica non supportata da elementi di prova scientifica è sempre da stigmatizzare”.

Anche in questa stagione epidemica, il numero di casi gravi e severi confermati per influenza e ricoverati in terapia intensiva è alto, sottolinea Clerici. “Il ceppo maggiormente identificato nei casi severi e gravi è il ceppo AH1N1. Purtroppo – continua – è ormai da registrare che il virus dell’influenza richiede annualmente un pesante tributo clinico soprattutto a soggetti con comorbidità, quali persone anziane con patologie croniche (diabete, problemi cardiovascolari ecc.), donne in gravidanza, soggetti immunodepressi ma anche ad individui senza apparenti concause”.

Un discorso a parte merita la vaccinazione anti-influenzale. È stato polemizzato sul fatto che l’elevata diffusione in questa stagione invernale dell’epidemia influenzale fosse dovuta al fallimento della formulazione vaccinale proposta. “Va chiarito – sottolinea Fausto Baldanti – che gli schemi vaccinali proposti non sono mirati al contenimento dell’epidemia (andrebbero raggiunte coperture superiori al 95%, percentuali dalle quali siamo ben lontani), ma alla protezione delle categorie a rischio”.

La formulazione più utilizzata di vaccino, prosegue l’esperto, “è stata quella trivalente a discapito della formulazione quadrivalente; anche se geneticamente correlati, i ceppi di virus dell’influenza sono sufficientemente divergenti da necessitare una stimolazione specifica del sistema immunitario. Pertanto, i soggetti vaccinati con la formulazione trivalente potevano maggiormente essere esposti all’infezione da parte del quarto ceppo di influenza B/Yamagata la cui circolazione non era prevista nel nostro emisfero. Tuttavia, è importante ricordare che le infezioni nei soggetti vaccinati hanno generalmente un decorso meno severo per la protezione parziale sviluppata. Infatti, a oggi non risulta che tra i pazienti con infezione severa ci siano pazienti vaccinati con la formulazione trivalente o quadrivalente”.

Infine, riflette il presidente Amcli, “è stato riportato come la particolare e ampia epidemia influenzale 2017-2018 abbia messo a rischio la tenuta dei servizi sanitari essenziali, ponendo l’interrogativo sulla scarsa adesione del personale sanitario alla campagna vaccinale (in media intorno al 10%) e sulla necessità di promuovere tale pratica preventiva come impegno civico tra gli operatori sanitari e di tutti i servizi erogati dallo Stato”.l

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