Fumo e salute: vent’anni dopo la legge Sirchia, un bilancio

Vent'anni di lotta al fumo nei luoghi chiusi, sfide e successi

 
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Fumo e salute  – Sono trascorsi esattamente vent’anni dall’approvazione della legge n. 3/2003, meglio conosciuta come “legge Sirchia”, che ha introdotto il divieto di fumare nei luoghi chiusi pubblici in Italia. Questa norma, entrata in vigore il 10 gennaio 2005, ha segnato un importante passo in avanti nella tutela della salute dei non fumatori, e oggi appare come una conquista ormai acquisita, ma il suo cammino fu lungo e difficoltoso.

Fumo nei luoghi chiusi: vent’anni dalla legge Sirchia

L’allora Ministro della Salute, Girolamo Sirchia, fu il principale promotore della normativa, riuscendo là dove il tentativo di Umberto Veronesi, anch’egli ministro e fautore di una simile proposta, aveva fallito nel 2000. Veronesi aveva infatti presentato un disegno di legge che vietava il fumo nei luoghi chiusi, ma la sua proposta naufragò in Parlamento, nonostante la spinta mediatica e il dibattito che riuscì a sollevare.

Tuttavia, il fallimento del primo tentativo ebbe il merito di far emergere la questione del tabagismo come tema prioritario di salute pubblica, rompendo un tabù che aveva a lungo circondato il fenomeno del fumo. Quando la legge Sirchia venne presentata, anche il suo iter fu irto di ostacoli, ma la determinazione del Ministro permise l’inserimento della norma in un provvedimento più ampio relativo alla pubblica amministrazione, utilizzando una strategia definita da alcuni “da cavallo di Troia”.

I principali contenuti della legge

La normativa, che entrò in vigore nel 2005, sanciva il divieto di fumo in tutti i luoghi chiusi aperti al pubblico, eccetto quelli privati non accessibili a utenti o quelli riservati ai fumatori, opportunamente ventilati e segnalati. Fu prevista l’affissione di cartelli indicanti il divieto, la designazione di responsabili per l’applicazione della legge e sanzioni per chi non la rispettava, sia fumatori che gestori di locali. Questo significò, di fatto, la fine del fumo passivo nei bar, ristoranti, uffici e treni, rivoluzionando le abitudini sociali di milioni di italiani.

Nonostante i timori iniziali legati a possibili ricadute economiche sui locali pubblici, un’indagine condotta dall’Istituto Superiore di Sanità nel 2005 mostrò che solo il 2% dei proprietari di bar e ristoranti registrò proteste dai clienti e appena l’11% segnalò perdite economiche significative. Al contrario, la legge trovò ampio consenso tra i cittadini: già nel 2005, il 90% degli italiani intervistati si dichiarava favorevole ai divieti, e nel 2006 il 88% riteneva che la norma fosse rispettata senza particolari difficoltà.

L’evoluzione del contesto sociale e normativo

Nel corso degli anni, l’impatto della legge Sirchia si è riflesso anche nelle abitudini private degli italiani. Nel 2008, il 70% delle persone dichiarava di non consentire il fumo nelle proprie abitazioni, percentuale che è salita all’88,6% nel 2021. La percezione del fumo passivo, una volta accettato come parte della vita quotidiana, è mutata radicalmente, e i cittadini si sono progressivamente allineati a una maggiore consapevolezza dei rischi associati.

A supportare questo cambiamento, anche altre norme sono intervenute a tutela della salute pubblica. Nel 2016, l’allora Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, introdusse ulteriori restrizioni, tra cui il divieto di fumare in auto in presenza di minori e nelle aree esterne di ospedali e reparti pediatrici, ginecologici e neonatali. Queste misure miravano a proteggere le fasce più vulnerabili della popolazione, come i bambini e le donne in gravidanza, consolidando l’approccio normativo italiano nella lotta al tabagismo.

Più di recente, nel 2021, la Fondazione Umberto Veronesi ha partecipato al dibattito su un disegno di legge bipartisan volto a estendere il divieto di fumo in spazi all’aperto considerati “sensibili”, come parchi pubblici e aree frequentate da bambini.

Un bilancio con Girolamo Sirchia: l’intervista

In occasione del Convegno nazionale SITAB dello scorso novembre, il professor Girolamo Sirchia ha tracciato un bilancio dei vent’anni trascorsi dalla promulgazione della sua legge. Sirchia ha ricordato le numerose difficoltà incontrate durante il percorso legislativo, sottolineando come la norma abbia ridotto il consumo di sigarette in modo significativo, sebbene negli ultimi anni il fenomeno abbia subito un’inversione di tendenza, anche a causa dell’introduzione di nuovi prodotti come le sigarette elettroniche e il tabacco riscaldato.

Secondo Sirchia, il problema odierno non risiede nella mancanza di strumenti per contrastare il tabagismo, ma nella carenza di volontà politica. Il professore ha criticato la presenza di interessi contrastanti all’interno del governo, come il supporto al settore agricolo per la coltivazione del tabacco, che indeboliscono le iniziative di contrasto al fumo.

Le sfide attuali: nuovi prodotti e interessi economici

I dati recenti indicano una risalita del numero di fumatori in Italia: dopo anni di calo, il 24,2% della popolazione, circa 12 milioni di persone, fuma regolarmente. Per Sirchia, ciò dipende in parte dalla diffusione di nuovi prodotti che non riducono realmente il fenomeno, ma spostano semplicemente i consumatori dalla sigaretta tradizionale ad alternative come il tabacco riscaldato.

Per affrontare seriamente il problema, secondo Sirchia, sarebbe necessario intervenire su più fronti: aumentare le accise sulle sigarette, controllare i livelli di nicotina nei prodotti e abolire le esenzioni fiscali concesse al tabacco riscaldato. In particolare, ha sottolineato come l’aumento delle accise potrebbe ridurre l’assuefazione alla nicotina, abbassando il numero di consumatori.

L’importanza di una ricerca indipendente

Un altro tema centrale per Sirchia è la mancanza di finanziamenti adeguati per la ricerca indipendente contro il tabacco. L’industria del tabacco, ha spiegato l’ex ministro, ha da sempre investito enormi risorse per finanziare studi che minimizzano i rischi del fumo, talvolta sostenendo perfino che il tabacco possa avere effetti positivi sulla salute, come nel caso delle affermazioni fatte durante la pandemia da COVID-19.

Per Sirchia, senza un finanziamento autonomo della ricerca, è difficile contrastare gli interessi economici legati all’industria del tabacco, e ciò rappresenta un ostacolo significativo per il progresso nel campo della salute pubblica.


Dopo vent’anni dalla sua entrata in vigore, la legge Sirchia continua a essere un punto di riferimento per la tutela della salute dei cittadini italiani. Ma nuove sfide si profilano all’orizzonte, con il ritorno del tabagismo a livelli preoccupanti e la diffusione di nuovi prodotti. Secondo Sirchia, la chiave per progredire risiede in una maggiore volontà politica e in un rafforzamento delle misure contro il tabacco.

/fonte Fondazione Veronesi

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