Tumori, arriva in Italia test farmaci migliori per singolo paziente, è Oncofocus Un test genetico in grado, con una minuscola quantita’ di Dna, di scovare migliaia di mutazioni tumorali per identificare con precisione, nel 90% dei casi, il farmaco migliore per ciascun paziente e alzare sensibilmente le possibilita’ che la terapia funzioni. Ma anche un follow up continuo, per facilitare la reperibilità’ del farmaco individuato qualora non fosse immediatamente disponibile nel nostro Paese o venisse utilizzato per altre patologie. E’ il ‘ pacchetto’ messo a punto dalla societa’ Oncologica, con sede a Cambridge ma con il co-fondatore e direttore scientifico italiano, il biologo molecolare Marco Loddo.
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Nelle scorse settimane Oncologica ha siglato un accordo commerciale con Trepi Medica srl, per facilitare la diffusione presso le strutture sanitarie e gli oncologi italiani del nuovo metodo.
Il futuro e’ nell’oncologia di precisione
“Il futuro e’ nell’oncologia di precisione – spiega Loddo all’ Agenzia giornalistica Italia – e noi siamo in grado, a oggi, di analizzare 505 geni, con un plateau di 770 possibili farmaci biologici e immunoterapici che selezioniamo in base all’ esito del test per curare ogni tumore solido. Numeri che ovviamente sono in continua evoluzione.
Bastano 5 nanogrammi di DNA e RNA della biopsia per l’ analisi, ed e’ possibile cosi’ individuare il farmaco biologico migliore per quella particolare mutazione. Se si pensa che per i tumori in stadio avanzato, farmaci mirati in studi clinici di fase I hanno una risposta del 30% paragonati alla chemio che da’ il 4% di risposta, si capisce quanto si alzino le possibilita’ se invece di praticare solo la terapia standard, i protocolli generici, si aggiunga anche una cura mirata che colpisca il target molecolare individuato”.
Ovviamente non tutte le mutazioni genetiche sono ancora mappate, per questo nel 10% dei casi non si trova il farmaco giusto, ma in nove casi su dieci il test Oncofocus promette di fare centro.
“Garantendo inoltre – aggiunge Loddo – un network di supporto al paziente e all’ oncologo per mettere a punto la terapia migliore”. Il problema, infatti, non e’ tanto individuare quale farmaco funziona meglio, ma metterlo a disposizione del paziente: “A volte il farmaco individuato non e’ ancora autorizzato dall’ Aifa – spiega Loddo – in altri casi dobbiamo utilizzarlo ‘ off label’ , ossia per uno scopo diverso da quello per cui e’ autorizzato attualmente. Oppure non e’ ancora concluso l’ iter clinico, ma l’ efficacia e’ gia’ comprovata: in questo caso chiediamo l’ uso compassionevole”.
Un’ altra possibilita’ e’ a volte offerta tramite inserimento in studi clinici con accesso garantito al farmaco. Il test, che attualmente e’ a carico del paziente, costa 2.000 euro.
“Il problema e’ culturale – sottolinea Pierluigi Renzi, amministratore unico di Trepi medica – e oggi gli oncologi tendono a fare il test solo dopo i protocolli terapeutici standard. A volte e’ troppo tardi, arriviamo quando il tumore e’ troppo avanzato.
L’ ideale e’ riuscire a usare Oncofocus in una fase più’ precoce, affinché’ le terapie mirate siano realmente efficaci. Il nostro compito e’ divulgare queste nuove possibilita’ presso strutture sanitarie e oncologi, creare un network di medici e sensibilizzare i pazienti”.
Ovviamente servirebbe anche l’ intervento pubblico: non a caso i vertici di Oncologica sono stati gia’ ricevuti al ministero della Salute per capire come semplificare e ottimizzare i trattamenti.
Al momento il punto di riferimento e’ a Villa Benedetta, a Roma, dove e’ coinvolto nell’ iniziativa l’ oncologo Giovanni Palazzoni : “Qui facciamo consulenze per i pazienti che vogliono informarsi sulla possibilita’ del test – spiega – anche se purtroppo le difficoltà’ ci sono, soprattutto come detto di tipo culturale e burocratico.
Più’ della meta’ dei pazienti riusciamo effettivamente a seguirli, per gli altri e’ ancora troppo complessa la reperibilità’ del farmaco, oppure e’ troppo tardi perché’ lo stadio della malattia e’ avanzato. L’ ideale, ma e’ un problema sociale, socio-sanitario e culturale, anche tra gli oncologi, sarebbe che il test venisse effettuato già’ in fase precoce, e si stabilisse fin da subito una terapia genetica mirata che coadiuvi quella standard.
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