Dipendenza da gioco d’azzardo dr.ssa Lucia Coco
Il gioco d’azzardo patologico è una delle prime forme di “dipendenza senza droga” studiate che ha ben presto attratto l’interesse della psicologia e della psichiatria, ma anche dei mezzi di comunicazione di massa, degli scrittori e dei registi, al punto che si continua spesso a riparlarne in relazione alle sue conseguenze piuttosto serie sulla salute ed in particolare sull’equilibrio mentale che questo tipo di problema è in grado di produrre. Nella ludodipendenza il vero senso del gioco, attraverso cui si può costruire e scoprire il Sè – quello che vuol dire libertà, creatività, apprendimento di regole e ruoli, sospendendo le conseguenze reali – viene completamente ribaltato per trasformare la cosiddetta “oasi della gioia” in una “gabbia del Sé”, fatta di schiavitù, ossessione, ripetitività.
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Il gioco d’azzardo nella storia dell’uomo e delle civiltà
L’attività giocosa che concerne la manipolazione di elementi aleatori, che vanno dai numeri ai simboli, rappresenta una tradizione degli esseri umani verso la quale l’uomo è propenso anche in virtù dell’eredità, mai completamente abbandonata, della modalità di pensiero magico-onnipotente, che spesso spinge ad associare al gioco il rischio dei propri beni e del denaro. È proprio sulla base di tale naturale propensione verso il gioco d’azzardo, che nella storia e nel tempo si sono sviluppate molteplici forme di giochi di rischio associati quasi sempre al “caso” e di cui esistono tracce sia nei reperti archeologici (dadi e oggetti similari), che negli antichi manoscritti relativi ai popoli orientali dell’antico Egitto, della Cina, del Giappone e dell’India, ma anche nelle narrazioni sull’antica Grecia legate alle scommesse degli indovini sui risultati dei giochi olimpici e sull’antica Roma dove sui combattimenti dei gladiatori si poteva scommettere con delle puntate, le cosiddette “munera”. La diffusione globale del gioco d’azzardo trova conferma nella stessa etimologia della parola “azzardo” che deriva dal francese “hasard” , una parola a sua volta di origine araba e derivante dal termine “az-zahr” che designava il “dado”, uno dei più antichi oggetti a cui si lega la tradizione del gioco sociale di scommessa. Lo sviluppo sociale del problema del gioco d’azzardo è in parte favorita anche dalle crescenti possibilità di scelta tra una vasta gamma di tipologie di gioco, ormai sempre più legalizzate, che riescono a rispondere alle simpatie dei giocatori con diverse propensioni e con differenti personalità. Così i giocatori d’azzardo vanno dagli amanti della trasgressione da gran salone, come quella dei giochi da Casinò e delle slot-machine, agli appassionati dei videogiochi che si lasciano conquistare dai sempre più diffusi videopoker, agli appassionati dei giochi d’azzardo popolari, come le lotterie, il gioco di numeri e di schedine, fino al Bingo, la moderna trasformazione del gioco della tombola, che riesce a conquistare anche interi gruppi grazie al suo profondo legame con il vissuto di una concessa usanza festiva a dimensione familiare.
Dal vizio alla dipendenza: caratteristiche del gioco d’azzardo patologico
Per cominciare ad individuare gli indicatori della patologia da gioco, è estremamente importante chiarire innanzitutto la necessità di operare una distinzione tra giocatori d’azzardo e giocatori patologici . Per molte persone, infatti, numerosi giochi d’azzardo tra quelli elencati sono piacevoli passatempi, in taluni casi occasionali e in altri abituali, ma anche in quest’ultimo caso non significa che il gioco sia necessariamente patologico, dal momento che non è la quantità il fattore discriminante del problema. Il giocatore compulsivo, infatti, si pone lungo un continuum che conta diverse tappe dai confini spesso sfumati che vanno dal gioco occasionale, al gioco abituale, al gioco a rischio fino al gioco compulsivo. Di conseguenza, il gioco d’azzardo patologico si configura come un problema caratterizzato da una graduale perdita della capacità di autolimitare il proprio comportamento di gioco, che finisce per assorbire, direttamente o indirettamente, sempre più tempo quotidiano, creando problemi secondari gravi che coinvolgono diverse aree della vita.
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