Malattie reumatologiche, il 71% cambia vita e il 61% abbandona il lavoro

L’indagine APMARR-WeResearch rivela un impatto devastante sul lavoro e le relazioni

Malattie reumatologiche, il 71% cambia vita e il 61% abbandona il lavoro
Prof. Roberto GERLI

Malattie reumatologiche, il 71% cambia vita e il 61% abbandona il lavoro

 

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Malattie reumatologiche – Un’indagine condotta dall’APMARR, in collaborazione con l’istituto WeResearch, getta luce sulla vita delle persone affette da patologie reumatologiche, evidenziando l’impatto debilitante della diagnosi. Secondo i dati, il 71% delle persone colpite ha dovuto rivedere il proprio progetto di vita, mentre il 61% ha abbandonato o modificato il proprio percorso lavorativo.

In occasione del 40° anniversario della APMARR – Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare APS ETS, la ricerca ha esaminato le difficoltà incontrate dai pazienti, con risvolti che si estendono ben oltre la salute fisica. Lo studio rivela infatti che quasi la metà del campione (48,9%) segnala un peggioramento nella qualità di vita dopo la diagnosi, un dato che sale al 53,2% nella fascia d’età compresa tra i 65 e i 75 anni. La situazione è particolarmente critica per coloro che hanno ricevuto la diagnosi prima del 2000: in questo gruppo, oltre l’83% ha modificato profondamente il proprio stile di vita.

Lavoro, relazioni e sport tra le aree più colpite

Tra le dimensioni più influenzate dalla diagnosi, il lavoro è in cima alla lista. Più del 60% dei pazienti ha subito un’interruzione o una riduzione significativa delle proprie attività professionali, un dato che riflette le difficoltà di gestire una patologia cronica in un ambiente lavorativo. A seguire, lo sport, abbandonato dal 38,9% del campione, e le relazioni affettive, compromesse per il 32,8% degli intervistati. Nel dettaglio, più della metà (56,6%) dichiara di aver affrontato problemi relazionali con il partner, con difficoltà che si estendono anche alla sfera sessuale per oltre il 79% degli individui.

Nonostante tali sfide, i dati indicano che solo nel 17,1% dei casi i problemi hanno portato a una separazione definitiva dal partner. L’impatto psicologico e relazionale è però evidente: i pazienti si trovano a fare i conti con il peso emotivo della diagnosi e le difficoltà quotidiane.

Sentimenti prevalenti: tristezza, paura e ansia

L’analisi dei dati rivela uno stato psicologico fragile tra i pazienti reumatologici. Alla diagnosi, il 49,2% prova tristezza, mentre paura e smarrimento si attestano rispettivamente al 47,8% e al 44,9%. L’ansia colpisce il 43% degli intervistati, seguita dalla rabbia (39,8%), spesso diretta verso sé stessi per la percezione di non essersi presi adeguatamente cura della propria salute.

Questo disagio emotivo è evidente anche all’inizio della terapia farmacologica: solo il 9,1% dichiara di sentirsi tranquillo, mentre la maggioranza si divide tra ansia (40,9%) e paura (37,6%). Le difficoltà aumentano in presenza di cambiamenti terapeutici, frequenti per il 41,5% degli intervistati che ha già cambiato terapia tra le 3 e le 4 volte; il 17,9% è arrivato a modificare il farmaco dalle 5 alle 6 volte. In questi casi, la delusione colpisce quasi il 39,1% del campione, seguita da ansia (38,7%) e paura (38,1%). Solo il 3,4% si sente sereno di fronte a un cambio di terapia.

La presidente Celano chiede interventi per migliorare la qualità della vita

Antonella Celano, presidente di APMARR, esprime preoccupazione per la situazione: “La diagnosi di una malattia reumatologica resta una sorta di sentenza che obbliga molte persone a rivedere i propri progetti, con costi elevati sia emotivamente che socialmente. Chiediamo alle istituzioni un piano nazionale sulla cronicità più incisivo e un impegno costante per migliorare l’assistenza.”

Celano sottolinea l’importanza di un intervento istituzionale per supportare oltre 5 milioni di italiani colpiti da patologie reumatologiche, pari al 10% della popolazione. Le patologie reumatologiche rappresentano infatti la seconda causa di disabilità in Europa dopo le malattie cardiovascolari.

Gap informativo e scarsa prevenzione

I risultati della ricerca mettono in evidenza anche una scarsa conoscenza delle patologie reumatologiche tra la popolazione generale. Solo l’85,7% degli intervistati ha sentito parlare di queste malattie, mentre il 78,1% ritiene di avere informazioni poco complete. Questo deficit informativo si riflette nelle scarse iniziative di prevenzione: il 78,3% degli italiani non ha mai effettuato controlli per diagnosticare patologie reumatologiche, un dato che sale all’80,5% tra i 41 e i 64 anni.

Tra le fonti di informazione, il medico di base è la più consultata (43,5%), seguito dai forum online (30%) e dai siti istituzionali (22,6%). Le associazioni di pazienti, come APMARR, svolgono un ruolo informativo solo nel 10,1% dei casi, segnalando la necessità di potenziare la comunicazione e la sensibilizzazione sul tema.

Opinioni dei ricercatori e dei medici: serve maggiore comunicazione

Matteo Santopietro, Senior Market Researcher presso WeResearch, spiega che la ricerca evidenzia una grave lacuna nella comunicazione e nella conoscenza delle malattie reumatologiche in Italia. “I pazienti che ne soffrono subiscono un impatto devastante, dovendo rivedere il proprio progetto di vita; d’altro canto, la popolazione generale risulta poco informata, con basse percentuali di prevenzione e screening. Le campagne informative delle associazioni sono quindi fondamentali per promuovere diagnosi precoci, migliorando la qualità della vita dei pazienti.”

Anche Luis Severino Martin Martin, presidente del CReI – Collegio dei Reumatologi Italiani, evidenzia le difficoltà emotive dei pazienti di fronte ai trattamenti: “Solo uno su dieci si mostra tranquillo all’inizio della terapia, e questa percentuale si riduce drasticamente quando si verifica un cambio di farmaco. È evidente che, come medici, dobbiamo migliorare il nostro approccio comunicativo, trasmettendo maggiore rassicurazione ai pazienti.”

L’impegno della SIR e delle istituzioni

Gian Domenico Sebastiani, presidente della Società Italiana di Reumatologia (SIR), sottolinea il ruolo centrale delle istituzioni: “La SIR si impegna a migliorare la salute dei malati reumatici, attraverso iniziative sia a livello politico che sociale. Uno dei risultati di questo impegno è il DDL 946, mirato a potenziare l’assistenza per queste patologie.”

Il quadro emerso dalla ricerca invita a una riflessione profonda sul futuro delle persone con malattie reumatologiche in Italia, ponendo l’accento su una necessaria collaborazione tra istituzioni, associazioni e professionisti sanitari per supportare i pazienti in ogni aspetto della loro quotidianità.

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