Malattia oculare tiroidea: Puglia, 3.500 casi sommersi

Malattia oculare tiroidea: Puglia, 3.500 casi sommersi

Esperti a confronto per migliorare diagnosi e terapie

In Puglia si stima che oltre 3.500 persone siano affette dalla malattia oculare tiroidea (TED – Thyroid Eye Disease), una patologia autoimmune rara ma non trascurabile, che continua a presentare criticità nella diagnosi e nella gestione clinica. Sulla base dei dati di prevalenza emersi dalla letteratura scientifica – pari a 8,97 casi ogni 10.000 abitanti – la Regione Puglia si confronta con una realtà ancora troppo poco conosciuta e non pienamente affrontata a livello sanitario.

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Per stimolare una riflessione su strategie di presa in carico più efficaci, Motore Sanità ha promosso, con il contributo incondizionato di Amgen, un ciclo di eventi regionali dal titolo “Ricerca ed innovazione scientifica che spingono all’innovazione organizzativa: l’esempio della Thyroid Eye Disease”. La tappa pugliese ha riunito a Bari figure di primo piano del settore sanitario con l’intento di individuare soluzioni operative replicabili su scala nazionale.

La TED è una condizione infiammatoria che colpisce i tessuti orbitari e può svilupparsi in presenza di alterazioni tiroidee o in maniera indipendente. Sebbene la manifestazione sia più frequente nel sesso femminile, la malattia può colpire soggetti di ogni età e rappresenta una delle principali cause di morbilità non oncologica legata alla tiroide. L’eterogeneità delle sue espressioni cliniche – che vanno da quadri lievi a forme gravi con compromissione visiva – ne complica l’identificazione precoce, spesso ostacolando il percorso terapeutico.

Oltre all’impatto estetico, la malattia interferisce con la visione e con la qualità della vita. I sintomi possono comprendere arrossamento persistente della congiuntiva, retrazione palpebrale, esoftalmo e, nei casi più severi, danni corneali o compressione del nervo ottico. La gestione terapeutica, per essere efficace, richiede una diagnosi tempestiva e un’impostazione multidisciplinare.

Il confronto tra gli esperti ha evidenziato l’urgenza di strutturare percorsi di cura che prevedano il coinvolgimento sinergico di diverse figure specialistiche: endocrinologi, oculisti, radiologi e chirurghi. Tale approccio integrato è ritenuto essenziale per migliorare l’esito clinico e ridurre il rischio di interventi invasivi, soprattutto nei casi avanzati.

I progressi registrati in ambito scientifico negli ultimi anni – inclusa l’introduzione di terapie mirate e protocolli innovativi – non bastano, tuttavia, a colmare le lacune organizzative esistenti. La mancanza di una rete territoriale uniforme e di centri di riferimento dedicati ostacola infatti l’accesso omogeneo alle cure.

Nel contesto pugliese, le criticità organizzative si sommano alla scarsità di consapevolezza sulla malattia, che porta spesso a ritardi diagnostici. Le evidenze disponibili suggeriscono la necessità di formare team clinici dedicati alla gestione della TED, con l’obiettivo di assicurare continuità assistenziale, coordinamento tra livelli di cura e aggiornamento professionale costante.

Un ruolo strategico può essere svolto dall’endocrinologo, figura centrale nella presa in carico globale del paziente. La sua visione sistemica consente infatti di raccordare gli aspetti ormonali con le implicazioni oftalmologiche della patologia, guidando così l’intero iter diagnostico-terapeutico.

Le iniziative promosse a livello regionale puntano anche a sensibilizzare le istituzioni sanitarie sull’importanza di standardizzare i percorsi assistenziali, favorendo l’identificazione precoce dei casi e il monitoraggio a lungo termine. L’obiettivo condiviso è costruire un modello replicabile capace di rispondere ai bisogni reali dei pazienti e di garantire loro un miglioramento concreto della qualità di vita.

La tappa pugliese si inserisce in un progetto più ampio che toccherà diverse regioni italiane nei prossimi mesi, alimentando un confronto continuativo tra professionisti della salute, decisori pubblici e stakeholder del settore farmaceutico. L’auspicio è che, attraverso una maggiore integrazione delle competenze e una regia istituzionale efficace, la malattia oculare tiroidea possa uscire dalla sua attuale condizione di invisibilità clinica e ricevere l’attenzione sistemica che merita.

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