Pelle a rischio con clima estremo e inquinamento crescente

Pelle a rischio con clima estremo e inquinamento crescente

Dermatologi: tumori e allergie cutanee in forte aumento

Il cambiamento climatico si riflette sempre più sulla salute della pelle, sottoposta a sollecitazioni continue da parte di inquinamento atmosferico, temperature anomale e fenomeni meteorologici intensi. A lanciare un allarme documentato sono i dermatologi della Sidemast (Società Italiana di Dermatologia e Malattie Sessualmente Trasmesse), nella Giornata mondiale dell’ambiente, mentre si avvicina il Congresso nazionale della società scientifica previsto a Roma dal 18 al 21 giugno, nell’ambito del XIV International Congress of Dermatology.

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Secondo gli esperti, la combinazione di caldo e inquinanti atmosferici indebolisce le difese della pelle, aggravando condizioni preesistenti e favorendo l’insorgenza di nuove malattie cutanee. Le radiazioni ultraviolette risultano più intense a causa della riduzione dello strato di ozono, con un impatto diretto sull’aumento dei tumori della pelle. È stato stimato che per ogni punto percentuale in meno dello spessore dell’ozono si verifichi un incremento dell’1-2% dei melanomi, del 4,6% dei carcinomi squamosi e del 2,7% dei carcinomi basali. Il riscaldamento globale, prevedono gli scienziati, potrebbe far salire la temperatura media terrestre tra 5 e 10,2 gradi Fahrenheit entro il 2100, se i livelli di emissioni di gas serra non subiranno un’inversione.

L’aumento delle temperature e la prolungata esposizione ai raggi UV accelerano l’invecchiamento cutaneo, aumentano il rischio di ustioni solari e amplificano la probabilità di sviluppare neoplasie della pelle. La professoressa Annunziata Dattola, dermatologa presso l’Università Sapienza di Roma e segretaria generale dell’Icd, conferma come le modifiche della composizione atmosferica abbiano reso l’ambiente ancora più ostile per la pelle, esponendola maggiormente alle radiazioni e quindi a patologie tumorali.

Gli effetti del cambiamento climatico non si limitano però ai raggi solari. L’inquinamento dell’aria, aggravato dal riscaldamento globale, determina l’aumento di particolato, ossidi di azoto e sostanze chimiche dannose che penetrano nell’epidermide, danneggiando la barriera cutanea. Questo processo rende la pelle più reattiva e incline a sviluppare disturbi come acne, eczema, infiammazioni croniche e dermatiti. Dopo ondate di calore, inondazioni e eventi climatici estremi, si osserva un’impennata dei casi di malattie infiammatorie e infezioni cutanee.

Un altro fronte critico è rappresentato dalla diffusione di allergeni. L’aumento della CO2 favorisce la crescita e la propagazione di piante allergeniche, incrementando la concentrazione di pollini nell’aria. Chi soffre di allergie è più esposto a manifestazioni cutanee come orticaria e dermatiti allergiche. Il riscaldamento del pianeta modifica anche la distribuzione geografica di allergeni e patogeni, espandendo il raggio d’azione di agenti irritanti in regioni finora risparmiate.

Le muffe e gli acari della polvere trovano condizioni favorevoli con l’aumento dell’umidità e delle precipitazioni, con conseguente peggioramento di dermatiti atopiche e psoriasi. La dermatite atopica, soprattutto tra i più piccoli, ha una prevalenza compresa tra il 5% e il 20% dei bambini. Dopo alluvioni, i ricoveri ospedalieri d’urgenza per questa patologia aumentano tra il 14% e il 31%, mentre le esacerbazioni di dermatite e psoriasi possono salire fino al 40% in ambito urbano.

Il freddo intenso è un altro nemico della pelle. In Cina, quando le temperature scendono sotto lo zero, i casi di dermatite atopica crescono del 160% rispetto ai valori ottimali di circa 22,8°C. In Giappone, uno studio su oltre 100mila bambini ha riscontrato un aumento del 26% del rischio di dermatite nei primi tre anni di vita in presenza di bassa pressione di vapore atmosferico. Il cambiamento climatico compromette anche le risorse idriche, rendendo più difficile mantenere una corretta igiene cutanea.

La mancanza di acqua potabile o la sua contaminazione accrescono la vulnerabilità della pelle a infezioni e infiammazioni, specialmente dopo disastri naturali. In Italia, le alluvioni colpiscono con crescente frequenza diverse aree, in particolare quelle centro-settentrionali, rendendo ancora più urgente un intervento sistemico.

L’acqua contaminata può veicolare batteri patogeni e sostanze chimiche capaci di alterare il microbioma cutaneo, predisponendo l’epidermide a disturbi infiammatori, infezioni fungine e altre condizioni croniche. I dermatologi della Sidemast insistono sulla necessità di un approccio integrato che tenga conto dell’interconnessione tra fattori ambientali e salute della pelle.

Il professor Giuseppe Argenziano, presidente della Sidemast, sottolinea che servono misure di prevenzione e adattamento, per mitigare gli effetti del cambiamento climatico sul benessere dermatologico. Tra le misure suggerite figurano filtri solari tecnologicamente avanzati, protezioni contro l’inquinamento, migliori pratiche igieniche e politiche ambientali che puntino a contenere le emissioni di gas serra e migliorare la qualità dell’aria.

Promuovere educazione sanitaria sulla cura della pelle nell’epoca dei cambiamenti climatici è ritenuto essenziale per diminuire i rischi e favorire la prevenzione. La ricerca scientifica, inoltre, deve continuare a esplorare gli effetti ambientali sulla pelle per fornire strumenti innovativi che consentano di proteggerla in modo efficace.

L’allarme lanciato dai dermatologi in occasione della Giornata mondiale dell’ambiente intende richiamare l’attenzione delle istituzioni, dei professionisti sanitari e dell’opinione pubblica su una minaccia sempre più evidente: la pelle è uno degli organi più esposti ai pericoli del cambiamento climatico, e va difesa con strategie mirate e coordinate.

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