Pirtobrutinib, nuova arma contro la leucemia recidivante

Pirtobrutinib, nuova arma contro la leucemia recidivante

Via libera europeo alla terapia mirata nella LLC

Nel Lazio si stimano annualmente circa 275 nuove diagnosi di leucemia linfatica cronica (LLC), pari al 10% dei circa 2.750 casi registrati ogni anno in Italia. Si tratta di una malattia neoplastica del sangue caratterizzata dalla proliferazione anomala dei linfociti B, che si accumulano nel sangue, nel midollo osseo, nei linfonodi e nella milza. Il decorso clinico è variabile, con pazienti che possono vivere per anni senza necessità di trattamento e altri che sviluppano una forma aggressiva della malattia. L’età media alla diagnosi è di circa 70 anni, e molti pazienti presentano patologie concomitanti che complicano la gestione clinica.

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La LLC può seguire un andamento cronico, ma è soggetta a recidive frequenti, rendendo essenziale l’adozione di trattamenti efficaci anche nelle fasi successive alla prima linea terapeutica. In tale contesto, una nuova opzione si è recentemente aggiunta all’arsenale terapeutico disponibile. La Commissione europea ha approvato l’uso di pirtobrutinib per pazienti adulti con LLC recidivante o refrattaria già trattati con un inibitore covalente della tirosina chinasi di Bruton (Btk), aprendo la strada a nuove prospettive per chi si trova in una fase avanzata della malattia.

Pirtobrutinib è un inibitore non covalente di Btk, una proteina implicata nei meccanismi di sopravvivenza e proliferazione dei linfociti B leucemici. Diversamente dagli inibitori covalenti, pirtobrutinib è progettato per mantenere la sua efficacia anche nei pazienti che hanno sviluppato resistenza ai precedenti trattamenti della stessa classe. Questo meccanismo innovativo consente di superare limiti terapeutici rilevanti, offrendo un’opzione utile soprattutto nei casi in cui il trattamento standard non sia più efficace.

Il Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS di Roma è uno dei principali centri italiani coinvolti nella ricerca clinica sulla LLC, con oltre 30 studi attivi nelle fasi 1, 2 e 3. L’istituto si conferma punto di riferimento per il Centro e Sud Italia, contribuendo allo sviluppo e alla valutazione di nuove terapie mirate.

I sintomi della LLC possono essere lievi o assenti nelle fasi iniziali, ma con il progredire della malattia possono emergere stanchezza persistente, febbre, sudorazione notturna, calo di peso involontario, ingrossamento dei linfonodi e della milza, nonché un aumento significativo dei linfociti nel sangue periferico. L’obiettivo terapeutico è normalizzare i valori ematici e ridurre le dimensioni dei linfonodi, inducendo la remissione della malattia.

L’introduzione degli inibitori di Btk e della proteina Bcl-2 ha rappresentato una svolta nella gestione della LLC, sostituendo progressivamente la chemio-immunoterapia tradizionale, spesso associata a tossicità rilevante. Le nuove combinazioni farmacologiche hanno permesso di ottenere lunghi periodi di controllo della malattia e, in alcuni casi, anche di interrompere la terapia mantenendo la remissione.

Con la progressione della malattia e la comparsa della recidiva, le linee guida internazionali raccomandano l’adozione di terapie alternative a quelle già utilizzate. Pirtobrutinib risponde a questa necessità terapeutica. Il farmaco è indicato a partire dalla seconda linea nei pazienti già trattati con un inibitore covalente di Btk, ma risulta efficace anche in quelli che hanno ricevuto in precedenza un trattamento con un inibitore della proteina Bcl-2. Questi soggetti, in passato, avevano a disposizione opzioni limitate e una prognosi generalmente sfavorevole.

I dati che hanno supportato l’approvazione europea di pirtobrutinib derivano dallo studio clinico Bruin CLL-321, il primo studio randomizzato di fase 3 condotto esclusivamente in pazienti con LLC precedentemente trattati con un inibitore di Btk. L’endpoint primario dello studio era la sopravvivenza libera da progressione (Pfs). I risultati dell’analisi primaria, aggiornata al 29 agosto 2023, hanno dimostrato la superiorità di pirtobrutinib rispetto a due regimi del braccio di controllo: idelalisib più rituximab (IdelaR) e bendamustina più rituximab (BR).

L’analisi più recente, datata 29 agosto 2024, ha confermato questi risultati, mostrando una riduzione del rischio di progressione della malattia o di morte del 46% nel gruppo trattato con pirtobrutinib rispetto al gruppo di controllo. La sopravvivenza libera da progressione mediana è risultata di 14,0 mesi nel gruppo pirtobrutinib contro 8,7 mesi nei pazienti trattati con IdelaR o BR. Questi benefici si sono confermati in sottogruppi ad alto rischio, compresi i pazienti con mutazioni del gene TP53, delezione del cromosoma 17p, stato Ighv non mutato e cariotipo complesso.

Anche l’endpoint secondario, rappresentato dal tempo medio al trattamento successivo o alla morte (Ttnt), ha mostrato un miglioramento significativo: 24 mesi per pirtobrutinib rispetto a 11 mesi nel gruppo di controllo, pari a un incremento del 63%. Il profilo di sicurezza del farmaco è risultato coerente con quanto osservato negli studi precedenti, in particolare nello studio di fase 1/2 Bruin, con effetti collaterali comuni quali neutropenia, stanchezza, diarrea, anemia, eruzioni cutanee ed ecchimosi.

La nuova indicazione approvata dalla Commissione europea si inserisce in un contesto clinico che necessitava di soluzioni terapeutiche per pazienti refrattari o recidivanti dopo un trattamento con inibitori covalenti di Btk. L’introduzione di pirtobrutinib risponde a questa esigenza, estendendo le opzioni disponibili in fasi cruciali della malattia.

Pirtobrutinib aveva già ricevuto l’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata dalla Commissione europea per l’impiego nel trattamento del linfoma mantellare (MCL) recidivante o refrattario in pazienti adulti già sottoposti a terapia con inibitori di Btk. È approvato anche in altri Paesi e sono state avanzate richieste per ulteriori indicazioni a livello globale.

La disponibilità di pirtobrutinib apre un nuovo scenario terapeutico nella lotta alla leucemia linfatica cronica, offrendo una possibilità concreta a pazienti che, fino a oggi, non avevano alternative farmacologiche efficaci in fase avanzata.

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