L’acido ialuronico apre nuove prospettive di cura
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Roma, 8 ottobre – La malattia di La Peyronie, condizione che molti uomini vivono in silenzio tra disagio e reticenza, trova in Italia una nuova prospettiva terapeutica. È stato infatti introdotto un trattamento a base di acido ialuronico specificamente indicato per la fase acuta della patologia, considerata finora difficile da gestire. Si tratta, secondo gli esperti, di un progresso importante nella pratica clinica e nella qualità di vita dei pazienti.
Questa malattia, nota da secoli ma ancora poco discussa, è caratterizzata dalla formazione di placche fibrose nel pene che possono determinare dolore, incurvamento e, nei casi più gravi, disfunzione erettile. Nonostante l’impatto fisico e psicologico, il tema resta per molti un tabù. La difficoltà nel parlarne con il medico di base o con lo specialista genera ritardi diagnostici e sottostime della reale diffusione.
«L’origine del disturbo non è ancora del tutto chiarita», spiegano gli urologi. Le ipotesi prevalenti puntano verso un meccanismo autoimmune: il sistema immunitario, per errore, attiverebbe un processo infiammatorio cronico nei tessuti penieni. Altri studi suggeriscono un ruolo di microtraumi ripetuti o predisposizioni genetiche. In molti casi, tuttavia, la malattia compare senza cause apparenti.
La letteratura internazionale stima che la prevalenza globale oscilli tra lo 0,7% e l’11% della popolazione maschile adulta, con picchi nella fascia tra 50 e 60 anni. In Italia, un ampio studio multicentrico ha stimato una presenza del 7,1% negli uomini tra i 50 e i 70 anni, ma la cifra reale potrebbe essere più alta, a causa della scarsa propensione a parlarne. Il fenomeno interessa anche i più giovani: sotto i 40 anni, i casi noti variano dall’1,5% al 16,9%.
Il nuovo trattamento, già disponibile in alcuni centri urologici, rappresenta una soluzione non chirurgica per la fase iniziale della malattia. Consiste in iniezioni di acido ialuronico ultrapuro, sostanza naturale capace di migliorare la rigenerazione dei tessuti e ridurre l’infiammazione. Secondo gli specialisti, intervenire precocemente significa limitare la progressione della deformità e contenere la necessità di interventi invasivi successivi.
Andrea Salonia, professore ordinario di Urologia all’Università Vita-Salute San Raffaele e specialista presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, spiega che agire nella fase acuta consente di «ridurre dolore e infiammazione, migliorare la qualità del tessuto e frenare la fibrosi». L’obiettivo non è solo terapeutico, ma anche preventivo: contrastare il consolidarsi delle placche e restituire elasticità al tessuto penieno.
Il nuovo approccio è il risultato di anni di ricerca clinica sull’impiego dell’acido ialuronico in ambito urologico. Il trattamento, già usato con successo in altri distretti del corpo per favorire la guarigione e la lubrificazione dei tessuti, ha mostrato un buon profilo di sicurezza e tollerabilità anche nella Peyronie. La somministrazione è ambulatoriale e non richiede ricovero.
Gli specialisti sottolineano che l’imbarazzo resta il principale ostacolo a un percorso di cura tempestivo. Molti uomini faticano a riferire i sintomi, anche nelle fasi iniziali, e ciò complica la diagnosi. «Il ruolo del medico di famiglia è fondamentale – spiega Gianmarco Rea, segretario regionale della Società Italiana di Medicina Generale (SIMG) Lazio – perché può intercettare i primi segnali e indirizzare il paziente verso lo specialista». Tuttavia, aggiunge, «serve una formazione più mirata per riconoscere la patologia, spesso trascurata nei percorsi accademici».
L’adozione di un approccio multidisciplinare viene considerata essenziale. Oltre all’urologo, devono essere coinvolti andrologo, psicologo e, se necessario, fisioterapista specializzato. La malattia, infatti, non è solo un problema fisico ma anche psicologico e relazionale. Ansia, perdita di autostima e senso di inadeguatezza sono reazioni frequenti.
Secondo la psicoterapeuta e sessuologa clinica Sabina Fasoli, «il supporto psicologico è decisivo per aiutare il paziente a ricostruire la fiducia in sé e nel rapporto di coppia». Il percorso mira a ristrutturare le convinzioni legate alla sessualità, a gestire l’ansia da prestazione e a promuovere una visione globale della salute. L’intervento psicologico si integra con quello medico per ridurre il rischio di isolamento e depressione, restituendo al paziente una percezione più equilibrata della propria identità.
In molti casi, spiegano gli esperti, è necessario un vero “reset mentale”, che aiuti l’uomo a comprendere che la performance sessuale non definisce il suo valore personale. Stili di vita equilibrati, attività fisica regolare e attenzione alla salute generale completano il quadro terapeutico.
La Fondazione IBSA, azienda farmaceutica impegnata nella ricerca sull’acido ialuronico, conferma la volontà di proseguire nello sviluppo di soluzioni biotecnologiche innovative. Andrea Giori, responsabile della ricerca preclinica e clinica, ha dichiarato che «il confronto costante con la comunità scientifica ha permesso di individuare le reali esigenze dei pazienti e di orientare la ricerca verso strumenti concreti di miglioramento della qualità di vita».
IBSA considera l’impiego dell’acido ialuronico nella Peyronie un punto di partenza, non un traguardo. La combinazione di innovazione tecnologica e competenze cliniche apre la strada a ulteriori studi, anche su patologie con meccanismi simili di fibrosi e infiammazione cronica.
Gli esperti ritengono che la disponibilità di questa terapia possa favorire una maggiore consapevolezza pubblica sul tema. Parlare apertamente di salute sessuale maschile resta una sfida culturale, ma rappresenta anche una forma di prevenzione. Una diagnosi precoce, infatti, consente di gestire meglio la malattia, ridurre complicanze e migliorare l’aderenza ai trattamenti.
Sul piano clinico, la fase acuta è la più delicata, poiché si accompagna a dolore e infiammazione. Intervenire in questa fase significa evitare la cronicizzazione delle placche e aumentare l’efficacia dei trattamenti successivi. In questo senso, l’introduzione dell’acido ialuronico si configura come una nuova frontiera terapeutica.
In prospettiva, la comunità scientifica auspica una standardizzazione dei protocolli di diagnosi e cura, per garantire uniformità di trattamento sul territorio. Allo stesso tempo, cresce l’interesse per la ricerca su biomarcatori che possano prevedere l’evoluzione della malattia e guidare terapie personalizzate.
La Peyronie, pur non essendo una patologia mortale, ha un impatto rilevante sulla qualità di vita, sulla sfera emotiva e sulla relazione di coppia. L’attenzione crescente della medicina moderna a questi aspetti segna un cambio di paradigma: la salute sessuale viene considerata parte integrante del benessere generale.
Il messaggio finale degli esperti è chiaro: affrontare il problema, non nasconderlo. Solo attraverso la conoscenza, il dialogo con il medico e l’accesso a cure efficaci si può migliorare la gestione della malattia e prevenire l’isolamento psicologico.
La sinergia tra ricerca, formazione e sensibilizzazione rappresenta oggi la chiave per trasformare una condizione ancora stigmatizzata in un tema di salute affrontabile con strumenti scientifici e con una nuova consapevolezza sociale.
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