L’obesità accelera l’invecchiamento mentale maschile rispetto alle donne
L’obesità accelera l’invecchiamento – Un nuovo studio ha rivelato che gli uomini ad alto rischio cardiovascolare, in particolare quelli obesi, potrebbero invecchiare mentalmente circa dieci anni prima rispetto alle donne, a parità di condizioni cardiovascolari. I ricercatori hanno analizzato i dati di 34.425 partecipanti della UK Biobank, con età media di 63 anni, sottoposti a scansioni cerebrali e addominali. I risultati hanno mostrato che il rischio cardiovascolare accelerato, combinato con obesità, porta gli uomini, tra i 55 e i 74 anni, a un decadimento delle capacità cognitive molto più precoce rispetto alle donne, che mostrano segni simili solo a partire dai 65 anni.
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Lo studio, pubblicato sul Journal of Neurology, Neurosurgery & Psychiatry, ha esaminato vari fattori di rischio per malattie cardiovascolari come l’ipertensione, il diabete e l’obesità, mettendo in evidenza come questi siano associati a una maggiore probabilità di sviluppare demenza. Il declino mentale si manifesta in modo significativo nelle regioni del cervello legate alla memoria, alla percezione visiva, all’elaborazione delle emozioni e dell’udito, particolarmente vulnerabili a causa dell’influenza di alti livelli di grasso addominale e tessuto adiposo viscerale. Queste aree cerebrali sono infatti tra le prime a essere colpite nello sviluppo di malattie neurodegenerative come il morbo di Alzheimer.
L’analisi ha confermato che i fattori di rischio cardiovascolare influenzano negativamente il volume cerebrale, un processo che inizia ben prima dei 55 anni negli uomini, mentre le donne vedono l’inizio di questa degenerazione intorno ai 65 anni. Lo studio suggerisce che gli uomini sono più vulnerabili agli effetti del rischio cardiovascolare, con una diminuzione più accentuata della materia grigia cerebrale e del volume del cervello. Questo fenomeno, che si verifica in modo più evidente tra i 55 e i 74 anni, potrebbe essere correlato a una maggiore incidenza di obesità e fattori cardiovascolari negli uomini.
I ricercatori sottolineano che l’obesità, insieme al rischio cardiovascolare, contribuisce significativamente alla neurodegenerazione cerebrale, suggerendo che l’intervento precoce, prima dei 55 anni, potrebbe essere determinante per prevenire il decadimento cognitivo e il rischio di demenza. La riduzione dei fattori di rischio cardiovascolare, quindi, diventa cruciale nella prevenzione non solo di malattie cardiache ma anche del deterioramento cerebrale, incluso l’Alzheimer.
Inoltre, i risultati mettono in luce l’importanza di trattare fattori di rischio come il diabete e l’obesità, con trattamenti specifici che potrebbero, in futuro, essere adattati anche per la prevenzione del morbo di Alzheimer. Tra le possibilità, i ricercatori suggeriscono l’uso di farmaci già impiegati per il trattamento dell’obesità e del diabete mellito di tipo 2, i quali potrebbero avere effetti benefici anche sulla salute cerebrale. Altri farmaci, tradizionalmente utilizzati per le malattie cardiovascolari, stanno mostrando risultati promettenti nel trattamento della neurodegenerazione.
Tuttavia, il team di ricerca ha anche notato che lo studio, pur rilevante, è di tipo osservazionale, e non permette di stabilire un legame diretto di causa ed effetto. Le limitazioni di questo approccio significano che, sebbene i dati suggeriscano una correlazione tra obesità, rischio cardiovascolare e declino mentale, non è ancora chiaro quale sia il miglior momento per intervenire terapeuticamente, né se la tempistica vari a seconda del sesso.
Conclusivamente, gli autori dello studio affermano che intervenire sul rischio cardiovascolare e sull’obesità negli uomini un decennio prima che nelle donne potrebbe risultare fondamentale per rallentare o prevenire il declino cognitivo, favorendo una maggiore efficacia dei trattamenti preventivi nella neurodegenerazione.
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